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  • Giovedì 19 gennaio 2023

I grandi scioperi francesi contro la riforma delle pensioni

Sono iniziati oggi e riguardano i trasporti ferroviari, aerei e le metropolitane, ma anche le scuole e il settore energetico

Una precedente protesta contro la proposta di riformare le pensioni francesi, nel 2020 (AP Photo/Daniel Cole, File)
Una precedente protesta contro la proposta di riformare le pensioni francesi, nel 2020 (AP Photo/Daniel Cole, File)

Oggi in Francia sono iniziati grossi scioperi contro la proposta di legge del presidente Emmanuel Macron per riformare le pensioni. Sono molto estesi e partecipati, come del resto quelli già organizzati in passato contro altre proposte di legge per riformare le pensioni francesi. La maggior parte degli scioperi era prevista per oggi, anche se nel settore energetico ne sono già stati indetti anche per altri giorni.

Il ministro dei Trasporti francese Clément Beaune ha descritto questa prima giornata di iniziative sindacali come «un giovedì infernale». Gli scioperi riguardano vari settori, a cominciare da quello ferroviario: una fonte sindacale di Le Monde ha detto che ha aderito allo sciopero poco meno della metà dei dipendenti della Società nazionale delle ferrovie (SNCF), più o meno l’equivalente di Trenitalia e RFI insieme. Molti treni sono stati cancellati e tantissimi altri hanno subito forti variazioni, sia a livello regionale che nazionale.

Ci sono state cancellazioni e interruzioni anche di altri trasporti pubblici, come linee metropolitane e autobus in diverse città. Stamattina Le Monde, che sta seguendo gli scioperi in diretta con una quindicina di giornalisti, ha scritto che a Parigi una linea metropolitana è sospesa e 12 altre stanno subendo ritardi e variazioni.

Lo sciopero riguarda anche i trasporti aerei, soprattutto i voli in partenza dall’aeroporto di Parigi Orly, in cui dopo l’annuncio degli scioperi da parte del personale la Direzione generale dell’aviazione civile aveva preventivamente chiesto la cancellazione di un volo su cinque.

Uno dei settori più interessati dalle manifestazioni è quello dell’istruzione: la principale organizzazione sindacale per i lavoratori delle scuole primarie aveva annunciato per oggi uno sciopero del 70 per cento del personale impiegato nelle scuole elementari e materne; mentre il sindacato dei lavoratori delle scuole secondarie ha comunicato a metà mattina che stava partecipando allo sciopero il 65 per cento del personale. Nel 2019, quando c’erano stati altri scioperi per un’altra proposta di legge sulla riforma delle pensioni, nelle scuole primarie aveva scioperato meno del 50 per cento del personale.

Ci sono infine scioperi molto partecipati anche nell’industria energetica. La CGT, una delle più grandi confederazioni sindacali del paese, aveva già annunciato uno sciopero nelle raffinerie per tutta la giornata di oggi, a cui se ne aggiungerà un altro di due giorni il 26 e il 27 gennaio e un terzo, di tre giorni, dal 6 all’8 febbraio. Stamattina l’organizzazione ha fatto sapere che tra il 70 e il 100 per cento del personale delle raffinerie gestite dalla multinazionale francese TotalEnergies sta scioperando.

Lo sciopero del personale dell’industria energetica potrebbe riguardare anche alcune centrali nucleari: ne è stato già annunciato uno da parte del personale della centrale di Gravelines, a nord di Calais, vicino al canale della Manica.

Il governo ha già inviato circa 10mila agenti delle forze dell’ordine in diversi punti della Francia, di cui 3.500 solo a Parigi.

La serie di scioperi che è iniziata oggi è stata indetta da otto grosse organizzazioni sindacali (CFDT, CGT, FO, CFE-CGC, CFTC, UNSA, Solidaires e FSU) immediatamente dopo la presentazione della proposta di legge per la riforma delle pensioni da parte della prima ministra Élisabeth Borne lo scorso 10 gennaio.

Il disegno di legge sulla riforma delle pensioni, l’ennesimo proposto da un governo francese, era stato presentato dopo settimane di trattative inconcludenti tra governo e sindacati, definite da Le Monde un «dialogo tra sordi»: il suo principale provvedimento della proposta, e il più contestato, sarebbe l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni.

La proposta prevede poi l’anticipazione dal 2035 al 2027 della cosiddetta legge “Touraine”, che aumenta di un anno il periodo per cui è necessario versare contributi per andare in pensione, e l’abolizione di alcuni regimi pensionistici speciali, oltre a una serie di altre misure.

– Leggi anche: La proposta del governo francese per riformare le pensioni

Macron aveva già provato a riformare le pensioni francesi nel 2019, e già allora c’erano state grosse e partecipate proteste. Non è il primo presidente a volerlo fare: diversi analisti ritengono che il sistema pensionistico francese sia eccessivamente complicato, inefficiente e ingiusto.

In Francia esistono 42 regimi pensionistici diversi, con notevoli differenze nelle agevolazioni e nei trattamenti delle singole categorie. Il sistema pensionistico è anche molto costoso: nel 2020 è costato l’equivalente del 13,6 per cento del PIL, meno di quello italiano in proporzione (15,6 per cento del PIL), ma comunque più che nella maggior parte dei paesi europei. Secondo stime e previsioni ufficiali il sistema francese potrebbe non essere sostenibile sul lungo periodo e rischiare di tornare in deficit (come successo nel 2020, l’ultima volta). Proprio per questo Macron ha descritto in più occasioni, perfino nel suo tradizionale discorso di Capodanno, la sua proposta di legge come una misura impopolare ma necessaria.

Il ragionamento che sta dietro ai provvedimenti proposti nel disegno di legge sarebbe principalmente quello di spendere meno in pensioni: alzare l’età pensionabile ritarderebbe per esempio l’erogazione dell’assegno pensionistico. Allo stesso modo, l’estensione del periodo in cui è necessario versare i contributi servirebbe a rendere il sistema delle pensioni più sostenibile per le finanze dello stato.

La proposta di legge di Macron è sostenuta soprattutto dal centrodestra, ed è contestatissima sia dalla sinistra che dall’estrema destra, che la considerano ingiusta soprattutto per i lavoratori della classe media e per le fasce più povere della popolazione. Anche diversi economisti hanno espresso dubbi sulla sua validità: a France24 l’economista Michaël Zemmour ha detto: «È diventata una narrazione politica l’esagerazione e la drammatizzazione della questione del deficit», che secondo lui e altri è un problema esistente ma tutto sommato sotto controllo e non tale da richiedere un innalzamento dell’età pensionabile.