Diritto e Fisco | Editoriale

Negozio rifiuta pagamento con carta di credito: come tutelarsi

3 Maggio 2018 | Autore:
Negozio rifiuta pagamento con carta di credito: come tutelarsi

Capita spesso nella vita quotidiana di trovarsi ad affrontare una spesa inaspettata e di non avere contanti con sé. Così, si chiede al negoziante di poter pagare elettronicamente. Ma cosa succede se il negoziante non accetta e pretende che si paghi in contanti? 

Il Ministero dello sviluppo economico (MISE) ha proposto uno schema di decreto che prevede una sanzione per i negozianti che rifiutano il pagamento con carta di credito o bancomat (definito anche pagamento elettronico). Tuttavia, tale schema, nei giorni scorsi, è stato ritenuto contro la Costituzione. A dirlo è stato proprio il Consiglio di Stato [1]. Ma procediamo con ordine e vediamo cosa ha previsto nel dettaglio il decreto ministeriale e, più in generale, come tutelarsi se il negozio rifiuta il pagamento con carta credito.

Pagamento con carta di credito: rifiuto e sanzione

Il decreto ministeriale ha stabilito una sanzione per il caso in cui gli esercenti di attività commerciali (o meglio i negozianti) o i professionisti (ossia coloro che svolgono prestazioni di servizi) rifiutino il pagamento con carta di credito. In pratica, tale decreto ha recepito la norma penale [2], secondo cui chiunque non accetti il pagamento attraverso monete aventi corso legale nello Stato [3] è soggetto ad una sanzione amministrativa fino a trenta euro. Questa sanzione, in considerazione del fatto che la carta di credito è considerata anch’essa moneta avente corso legale nello Stato (moneta elettronica), avrebbe dovuto trovare applicazione anche al caso in cui il negoziante avesse rifiutato il pagamento con moneta elettronica. E competente a imporla sarebbe stato il Prefetto [5]. Questa sanzione, tuttavia, come abbiamo accennato, è stata considerata incostituzionale dal Consiglio di Stato. Ma vediamo perché.

Rifiuto pagamento con carta di credito: sanzione incostituzionale

Violazione divieto applicazione per analogia delle norme

Va innanzitutto chiarito che la previsione ministeriale di multare il negoziante che rifiuta il pagamento con carta di credito è una diretta conseguenza della legge che ha introdotto l’obbligo del pos per tutti i commercianti e i professionisti [5], le cui finalità sono soprattutto quelle di lotta all’evasione fiscale. Questa legge, però, malgrado le nobili finalità perseguite, non ha stabilito una sanzione specifica nei confronti di coloro che non si dotino di pos. Per colmare questa lacuna, si è pensato bene di recepire la norma penale succitata che, come abbiamo visto, riguarda il caso di rifiuto di pagamento con monete aventi corso legale nello Stato (e quindi anche con carta di credito o bancomat) e non la violazione dell’obbligo del pos. La norma penale richiamata, infatti, sanziona un caso simile (ma non identico) a quest’ultimo. In pratica, il MISE ha previsto una sanzione per una situazione analoga che non è proprio specifica a quello in esame. Si è avvalso, in buona sostanza, di quella che tecnicamente è definita applicazione per analogia di una norma che, nel nostro ordinamento, è vietata. Proprio ciò ha indotto il Consiglio di Stato, chiamato ad esprimere un parere sullo schema del decreto ministeriale in questione, a ritenere illegittima la sanzione in esame.

Violazione principio di riserva di legge

Il Consiglio di Stato ha ritenuto che la sanzione dei trenta euro si pone in contrasto, inoltre, con un altro principio: quello di riserva di legge, secondo cui solo quest’ultima può imporre ai cittadini prestazioni economiche [6], quali appunto possono essere le multe. Nel caso di violazione dell’obbligo di dotarsi di pos:

  • nessuna legge ha previsto o comunque ha dettato criteri guida precisi per emanare una sanzione specifica;
  • è stata richiamata una sanzione stabilita da una norma che disciplina un caso analogo (ma non identico) e tale richiamo è stato effettuato da parte non di una legge, ma di un decreto ministeriale che non ha assolutamente la stessa portata della legge.

Tutto questo, a parere del Consiglio di Stato, rende la sanzione richiamata dal MISE in contrasto con il principio costituzionale suddetto della riserva di legge. Con la conseguenza che, attualmente, pur restando fermo l’obbligo per i commercianti e i professionisti di dotarsi di pos, in caso di rifiuto di pagamento con carta di credito, nei confronti di questi ultimi non ci saranno sanzioni.

Rifiuto pagamento con carta di credito: come tutelarsi?

Considerando quanto abbiamo sin qui detto, ci si chiede se comunque si possa essere tutelati quando il negozio, immotivatamente, rifiuta il pagamento con carta di credito. In quest’ipotesi se si sospetta che il rifiuto possa nascondere una situazione di evasione fiscale (si pensi, ad esempio, al caso in cui, a seguito del rifiuto, si paghi in contanti e il negoziante rilasci uno scontrino di importo inferiore rispetto al prezzo effettivamente corrisposto), si potrebbe segnalare la vicenda all’Agenzia delle Entrate o alla Guardia di finanza. Queste autorità, a seguito della segnalazione, potranno effettuare gli opportuni controlli e verificare se i soggetti segnalati pongano in essere effettivamente comportamenti illeciti. È evidente che tale segnalazione sarebbe in linea con le finalità della legge che ha stabilito l’obbligo del pos, dirette proprio alla lotta all’evasione fiscale. Ma vediamo come fare la segnalazione.

La segnalazione all’Agenzia delle Entrate o alla Guardia di Finanza: come fare?

La segnalazione può essere rivolta alla Guardia di finanza, telefonando al numero gratuito 117 oppure per iscritto a quest’ultima o all’Agenzia delle Entrate. La segnalazione per iscritto va redatta come una lettera, indicando innanzitutto i dati anagrafici del soggetto segnalante. Si tratta, in pratica, di specificare nome, cognome, data, luogo di nascita, codice fiscale e residenza di tale soggetto. Nel corpo della segnalazione, poi, vanno esposti i fatti, alla luce dei quali, infine, si chiede alle autorità interpellate di provvedere ai necessari accertamenti in merito al comportamento posto in essere dal negoziante. È opportuno, inoltre, allegare alla segnalazione una copia del documento di riconoscimento del soggetto segnalante e una copia dell’eventuale scontrino fiscale. Una volta redatta, la segnalazione va inviata all‘Agenzia delle Entrate o alla Guardia di Finanza a mezzo raccomandata A/R o a mezzo pec (posta elettronica certificata). È possibile anche depositarla personalmente presso l’ufficio territorialmente più vicino. In quest’ultimo caso, è importante farsi rilasciare una ricevuta di avvenuto deposito. Il soggetto segnalante può decidere anche di restare anonimo e, pertanto, nella segnalazione, esporrà solo i fatti, senza indicare le sue generalità. Sul sito della Guardia di Finanza sono reperibili moduli specifici per segnalare questi episodi. Nel caso non si volessero utilizzare tali moduli, qui, di seguito, riportiamo un modello di segnalazione, che sarà possibile modificare per adattarlo al caso concreto.

Spett.le Agenzia delle Entrate o Spett.le Guardia di Finanza 

 

Io sottoscritto/a _____________________, nato/a a __________________, il ___________________ e residente in _______________________ Via/Piazza ________________________, segnalo quanto segue.  

In data _____________________________, mi sono recato presso il negozio “_______________________”, sito in _____________________, Via____________________________, per acquistare ___________________ al prezzo di €_______.  

Al momento del pagamento, ho chiesto al negoziante di poter pagare con la carta di credito. Quest’ultimo ha ingiustificatamente rifiutato questo tipo di pagamento e così ho deciso di corrispondere in contanti l’importo dovuto. È successo che, ad avvenuto pagamento, il negoziante ha emesso uno scontrino di importo inferiore alla cifra effettivamente corrisposta. 

Alla luce di quanto è accaduto, il/la sottoscritto/a, ritenendo che il comportamento posto in essere dal negoziante nasconda un episodio di evasione fiscale,   

invita   

codesto Ufficio ad avviare le opportune verifiche e gli accertamenti che si reputino necessari. 

Il/La sottoscritto/a dichiara di essere a conoscenza che, ai sensi del D.Lgs. n. 196/2003 (Codice sulla privacy), i dati personali qui forniti saranno trattati, anche con l’ausilio di supporti informatici, solo ed esclusivamente per le finalità di cui alla presente segnalazione.   

Luogo e data  

Firma ____________________________ 

 

note

[1] Consiglio di Stato parere n. 1104/2018, nota MISE numero 7137 del 28 marzo 2018. 

[2] Art. 693 codice penale. 

[3] Art. 1277 codice civile. 

[4] Art. 33, lett. 1), della l. 24.11.1981 n. 689, Art. 1 del d.p.r. 1982/571. 

[5] Art. 15, D.L. n. 179 del 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito nella legge n. 221/2012), modificato dalla legge n. 208/2015. 

[6] Art. 23 Costituzione. 

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3 Commenti

  1. Mi risulta che nel caso che il commerciante non abbia il POS è possibile anche rifiutarsi di pagare finché non avrà il POS.
    Magari dopo aver fatto benzina.
    Così è stato suggerito nella trasmissione televisiva “piazza pulita”.
    Può essere legale?

  2. Gentile autrice,

    per alcuni negozi, ad esempio per coloro che vendono ricariche telefoniche (ma è solo uno di tantissimi esempi che si possono fare), le commissioni che l’esercente è costretto a pagare al fornitore del servizio di pagamento elettronico a cui l’esercente stesso si appoggia rappresentano una percentuale non trascurabile del o addirittura superano il guadagno finale (al netto della tassazione complessiva, beninteso) del servizio reso (ad esempio la miserabile provvigione sulla ricarica), ecco perché certi esercenti sono restii ad accettare tali sistemi di pagamento e comunque in ogni caso gli esercenti hanno tutto il diritto di decidere se dover pagare, O MENO, un fornitore di tali servizi, altro che evasione fiscale!!!

    Per quanto ci riguarda mai abbiamo effettuato vendite con astuzie contra legem tipo scontrinare meno di quanto corrisposto dal cliente, come da voi ipotizzato, od altro (ma figuriamoci!) ma al contempo non vogliamo essere costretti a foraggiare banche e gestori di pagamento elettronico se non a seguito di nostra personale scelta e per effettiva nostra convenienza.

    Rispetto innanzitutto!!!

  3. Spesso nei distributori di carburanti e anche in altri esercizi non accettano le carte di pagamento al di sotto di 20 euro.
    Non parliamo poi degli stablimenti balneari che volentieri incassano i loro corrispettivi in contanti e senza ricevuta, facendo magari al cliente un piccolo sconto. Anche qui di pagamenti elettronici, quasi nemmeno l’ombra.

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