Published using Google Docs
it-Book4
Updated automatically every 5 minutes

it-Book4

Dal 5 marzo 2011, Pubblicato su: http://docs.google.com/document/pub?id=1ivoJ3eH6TuonaDZW01NdzqGIXcmAPX7OmF5uUpDwhNc

CAPITOLO 14 Effetti elettronici

Sono fondamentali per comprendere la chimica organica.

INTRODUZIONE

Un atomo o gruppo in una molecola può influenzare alcune caratteristiche di un altro sito o gruppo della molecola come la sua disponibilità di una coppia solitaria (LP), l’acidità di un atomo di idrogeno ionizzabile, la stabilità di un carbocatione, di un carbanione o di un radicale, la reattività di un sito elettrofilo o nucleofilo con nucleofili o elettrofili, o altre diverse caratteristiche “influenzabili”.

“Influenzabili” non significa che tali caratteristiche dipendano dal tempo o dall’umore. Un atomo o gruppo esercita un’influenza se in sua presenza o assenza si modifica il comportamento chimico del sito o gruppo che subisce l’influenza. Quindi, quando pariamo di effetti elettronici, dobbiamo sempre immaginare un paragone tra una molecola che possiede un certo atomo o gruppo e un’altra che invece non lo possiede e vedere poi che cosa cambia in un altra parte della molecola che rimane fissa.

Sembrerà forse un chiarimento inutile, ma sta di fatto che la maggior parte degli studenti che hanno difficoltà a capire gli effetti elettronici è perché non comprendono da subito che cosa significhi, nella struttura, causare un effetto o “influenzare” elettronicamente. L’idea che nel considerare l’effetto ci sia sempre da prendere in considerazione due parti: una che esercita l’influenza e una che subisce tale influenza, e non un tutt’uno. Queste due parti si possono a volte invertire, a seconda dei punti di vista, ma rimane sempre il fatto che ne dobbiamo individuare due, mentre alcuni studenti si ostinano a guardare una sola “presenza” nella molecola e in base a quella stabilire un effetto.

Tutte queste influenze sono causate dalla capacità dell’atomo o gruppo di “spingere”, “rilasciare”, “pompare” elettroni verso il sito o gruppo della molecola che subisce l’influenza o “risucchiare” elettroni da esso.

Gli atomi o gruppi che influiscono possono essere quindi elettrondonatori (indicati col segno +) o elettronattrattori (segno -).

L’azione che il gruppo o atomo elettrondonatore esercita sulla diversa porzione della molecola che subisce le conseguenze dell’arrivo di una “ondata” di elettroni, si chiama effetto elettrondonatore.

L’azione di sottrazione elettronica del gruppo elettronattrattore, che provoca l’impoverimento di elettroni di un altro gruppo, sito, atomo o legame, si chiama effetto elettronattrattore.

Quindi diremo frasi come: “il gruppo B subisce l’effetto elettronattrattore del gruppo A”, oppure: “il gruppo C eserciterà un effetto elettrondonatore sul gruppo D, modificando in un certo modo il comportamento di questo...”

14.1 EFFETTI INDUTTIVI

14.1.1 Effetto elettronico negli alchili

Iniziamo con un esempio concreto: sappiamo che i carbocationi più sostituiti sono anche più stabili. Ma non sappiamo perché.

Lo vediamo sperimentalmente, per esempio dai prodotti dell’addizione elettrofila su alcheni non simmetrici e diversamente sostituiti. Per esempio addizionando acqua al propene non si ottiene un miscuglio di 1-propanolo e 2-propanolo, ma solo 2-propanolo. Questa regioselettività nell’addizione elettrofila agli alcheni privilegia l’attacco dell’elettrofilo (H+) al carbonio meno sostituito, per far sì che sia l’altro carbonio del doppio legame spezzato, quello più sostituito, a rimanere positivo nell’intermedio (regola di Markovnikov). Questa è l’evidenza sperimentale, ma perché il carbocatione è più stabile se è più sostituito? Perché i carbocationi a destra di questa serie si formano più facilmente?

Non sappiamo perché.

Copio da “Organic Chemistry”, Francis Carey, Mc Graw Hill, 2nd Ed., pag. 134.

Alkyl groups release electrons through a combination of effects. One of these effects involves polarization of the electron distribution in the σ bond that connects the alkyl group to the positively charged carbon. As illustrated for ethyl cation in Figure 4.6 (modificata), the electrons in the σ bond are drawn towards the positively charged carbon and away from its alkyl substituent. Electrons in a carbon-carbon σ bond tend to be more polarizable than electrons in a carbon-hydrogen σ bond, so that replacing hydrogen substituents by alkyl groups stabilizes a carbocation. Structural effects that are transmitted by the polarization of electrons in σ bonds are called inductive effects. The inductive effect of an alkyl group is to release electrons.

 

Figure 4.6 (modificata per l’aggiunta del methyl cation e l’ispessimento della freccia che indica l’effetto induttivo del sostituente metile nell’ethyl cation)

Traduzione e commenti della parte finale evidenziata

Gli elettroni nel legame σ carbonio-carbonio tendono a essere più polarizzabili degli elettroni in un legame σ carbonio-idrogeno, per cui la sostituzione di idrogeni con gruppi alchilici stabilizza un carbocatione. Nel ragionamento è implicito che la possibilità che un carbonio positivo sia stabile dipende da quanto esso riesce ad attrarre elettroni dalle coppie di legame che lo circondano. Rispetto alla coppia elettronica del legame C-H, Il legame C-C subisce più facilmente la polarizzazione (spostamento della nube elettronica verso un centro positivo) verso la carica positiva del C+.

Gli effetti strutturali che sono trasmessi dalla polarizzazione degli elettroni nei legami σ sono chiamati effetti induttivi. L’effetto induttivo di un gruppo alchilico è quello di rilasciare elettroni.

Rileggere bene questa parte che, viste le risposte del modulo, non è stata adeguatamente considerata:

Dalla prima frase si comprende che l’effetto (strutturale) è qualcosa che si trasmette verso altre parti della stessa molecola, come spiegato nell’introduzione, e l’effetto induttivo è uno di questi. Nella seconda parte si attribuisce ai gruppi alchilici la capacità di rilasciare elettroni in generale, cioè in tutti i casi. Questo è un dato che combacia con l’esperienza. Ma se la causa di questa “dote” degli alchili consistesse solo nella polarizzabilità del legame σ C-C, un alchile dovrebbe avere anche la polarizzabilità opposta, consistente nella capacità di “assorbire”, più del legame σ C-H, elettroni provenienti ad esempio da un carbonio carico negativamente:

In questo caso diremmo che il metile avrebbe un effetto induttivo, sempre dovuto alla maggior polarizzabilità del legame σ C-C rispetto al σ C-H, ma in questo l’effetto induttivo sarebbe elettronattrattore! Parleremmo di assorbimento, anziché di rilascio di elettroni. Insomma, grazie alla polarizzabilità del legame C-C, gli alchili dovrebbero avere effetti induttivi elettrondonatori o elettronattrattori, a seconda dei casi.

Le cose vanno sperimentalmente in modo diverso: la stabilità dei carbanioni è esattamente opposta a quella dei carbocationi sostituiti.

Più aumentano i metili più instabile diventa il carbanione. Ciò è in linea con quanto sappiamo sui gruppi alchili: essi hanno sempre un effetto elettrondonatore, e non solamente quando sono in vicinanza del carbonio positivo. Per cui un carbonio negativo diventa meno stabile se della carica negativa aggiuntiva è inviata verso di esso dai gruppi alchilici elettrondonatori. Per far diventare più stabile un carbanione occorrerebbero piuttosto gruppi con effetto induttivo elettronattrattore (-I):

Il triclorometile è relativamente stabile, molto più stabile del carbanione metile, proprio perché gli atomi di cloro esercitano effetto induttivo elettronattrattore (-I) e quindi riducono la concentrazione di carica negativa sul carbonio centrale. (L’anione triclorometile potrebbe essere ottenuto per azione di una base molto forte sul cloroformio, CHCl3).

Concludiamo che la miglior polarizzabilità del legame σ C-C non è in grado di spiegare perché gli alchili stabilizzano i carbocationi senza stabilizzare anche i carbanioni, cioè il fatto che gli alchili hanno sempre effetto +I.

Perciò la spiegazione dell’effetto induttivo +I del metile e degli altri alchili deve essere un’altra.

Vediamo pertanto la seconda parte della spiegazione dal Carey.

A second effect of comparable importance also makes alkyl groups more electron-releasing than hydrogen substituents. This is the delocalization of electrons directly into the unfilled 2p orbital of the positively charged carbon. In general, any increase in the number of nuclei that an electron can interact with, i.e., its degree of delocalization, is a stabilizing effect. Figure 4.7 (vedi libro di testo a pag. 47) shows how the σ electrons of the CH3 group of ethyl cation are delocalized into the vacant 2p orbital of the positively charged carbon. This increase in electron delocalization stabilizes the carbocation and assists in the dispersal of positive charge. In order for stabilization of this kind to occur, the substituent group must have a filled σ orbital available to overlap with the vacant 2p orbital. A hydrogen substituent does not meet this requirement and so cannot stabilize a carbocation by this mechanism in the way that alkyl groups do. The effect is cumulative: the more alkyl groups there are that are directly attached to the positively charged carbon, the greater the degree of electron delocalization, the greater the dispersal of charge, and the more stable the carbocation. Stabilization that results from this kind of electron release is sometimes called hyperconjugation.  

Traduzione per gli English-clumsy.

C’è un secondo effetto di comparabile importanza che rende i gruppi alchilici più capaci di rilasciare elettroni degli idrogeni sostituenti. Si tratta della delocalizzazione degli elettroni direttamente negli orbitali vuoti 2p dell’atomo di carbonio positivo. In generale, un incremento del numero di nuclei con cui gli elettroni possono interagire, cioè il suo grado di delocalizzazione, corrisponde ad un effetto stabilizzante. La figura 4.7 (vedi libro di testo a pag. 47 e prossima figura sotto) mostra come gli elettroni σ (sigma) del gruppo CH3 del catione etile sono delocalizzati nell’orbitale 2p vuoto del carbonio carico positivamente. Questo aumento della delocalizzazione elettronica stabilizza il carbocatione e aiuta la dispersione della carica positiva. Affinché possa verificarsi questo tipo di stabilizzazione, il gruppo sostituente deve disporre di un orbitale σ completo e disponibile per la sovrapposizione con l’orbitale 2p vacante. Un idrogeno sostituente non possiede tale requisito e pertanto non può stabilizzare un carbocatione con lo stesso meccanismo dato dai sostituenti alchilici. Questo è un effetto cumulativo: più sono i gruppi alchilici legati al carbonio positivo, maggiore sarà il grado di delocalizzazione elettronica, maggiore la dispersione della carica e più stabile sarà il carbocatione. La stabilizzazione prodotta da questo tipo di rilascio elettronico è a volte chiamata iperconiugazione.

Tradotto in altri termini, la possibilità che gli elettroni si muovano dai legami σ C-H vicini verso il carbonio positivo, completando l’ottetto di questo, ma lasciando scoperti (positivi) gli atomi di idrogeno, dà la possibilità alla carica positiva di delocalizzarsi, cioè disperdersi, “ripartirsi” tra diversi atomi, aumentando la stabilità della specie elettrondeficiente. Questa delocalizzazione aumenterebbe all’aumentare dei legami sigma vicini, cioè all’aumentare dei sostituenti alchilici.

Occorre notare che entrambi gli effetti, di polarizzazione e di delocalizzazione, addotti per spiegare la maggiore stabilità (sperimentale) dei carbocationi sostituiti, sono pure ipotesi e non fenomeni realmente osservati. L’ipotesi basata sulla delocalizzazione, cioè sulla libertà di movimento degli elettroni dei legami σ vicini, si chiama anche iperconiugazione. 

Il prefisso iper serve a distinguere l’iperconiugazione dalla coniugazione “normale” che, come vedremo più avanti, consiste nel movimento degli elettroni  tra orbitali p paralleli, anziché tra elettroni di legami σ.

Le doppie parentesi e frecce a doppie punte stanno a distinguere l’iperconiugazione dalla coniugazione normale.

L’ipotesi dell’iperconiugazione regge meglio il test con i carbanioni: in essi non ci sono orbitali vacanti verso cui inviare gli elettroni della coppia solitaria del carbonio negativo, per cui l’effetto può solo continuare a “cercare di inviare” elettroni verso un carbonio già negativo e con l’ottetto completo, senza delocalizzarne la carica e senza stabilizarlo. Come già detto, l’effetto polarizzazione farebbe prevedere una maggior stabilizzazione dei carbanioni più sostituiti da alchili, argomento che il Carey ha evitato di trattare, perché contrario alle evidenze sperimentali.

Quella della delocalizzazione per iperconiugazione non è però una teoria completamente soddisfacente. Infatti, pur spiegando che gli alchili non sono in grado di stabilizzare i carbanioni, non dice perché essi destabilizzano (rendono meno stabili) tali specie. Rendiamoci conto che, in questo caso la spiegazione basata sulla polarizzazione dovrebbe suonare più o meno in queti termini: “i legami σ C-H sono più polarizzabili dei legami σ C-C, quindi più capaci di “assorbire” l’eccesso di carica negativa del carbonio carico negativamente, rispetto ai legami σ C-C”. Una spiegazione esattamente opposta a quella che si voleva usare per spiegare la stabilità dei carbocationi.

Vale la pena indagare sul supporto sperimentale delle affermazioni sulla stabilità dei carbanioni a pagina 50: secondo cui l’aggiunta di alchili renderebbe i carbanioni meno stabili, come indicato dalla serie a pag. 50 del vostro libro.

Questa fonte sembra confermare l’idea che i gruppi alchilici siano sempre elettrondonatori (sia nei carbocationi che nei carbanioni), dato che in fase gassosa il metano è più acido dell’etano e questo più acido dell’isopropano (vedi fine articolo, ultima scala a destra, da Brauman, JACS 1995) e dato che nel punto 2 (Inductive effects) il secondo dei due sulfoni, cento volte meno acido del primo in DMSO, differisce da questo solo per un metile al posto di un idrogeno. Questi dati sperimentali non sono spiegabili né dall’iperconiugazione, né dagli effetti di polarizzazione, né dalla maggiore elettronegatività del carbonio (2,5) rispetto all’idrogeno (2,1), che dovrebbe piuttosto stabilizzare i carbanioni più sostituiti.

14.1.2 Effetti induttivi +I

A pagina 48, tabella 3.2, vediamo che i gruppi dotati di maggiore effetto induttivo +I (elettrondonatori) sono capaci di donare elettroni per ragioni ben riconoscibili: abbiamo in alto, nella serie, gruppi con carica negativa, e subito sotto, atomi metallici. I primi “spingono” gli elettroni per effetto repulsione; i secondi rilasciano elettroni essendo elettropositivi (altro modo di dire “meno elettronegativi dell’idrogeno”). In entrambi i casi si ottengono legami dipolari e la polarità di un legame si propaga lungo le catene come in una concatenazione di magnetini che si dispongono testa-coda.

In base a tutta la precedente discussione gli alchili dovrebbero essere considerati elettrondonatori per l’iperconiugazione e non per effetto induttivo (dovuto alla formazione di dipoli per cause diverse, come in questi due esempi); ma per semplicità si parla anche per essi di effetto induttivo e si includono gli alchili tra i gruppi aventi effetto induttivo +I (tabella 3.2 pag. 48)

14.1.3 Effetti induttivi -I

Gli effettiinduttivi elettronattrattori, o “-I”, sono dati, nella stessa tabella 3.2 a pag. 48, da tre tipologie, in ordine decrescente di efficacia:

a) da atomi o gruppi con carica positiva, come il gruppo ammonio -NH3+; questi gruppi ovviamente esercitano un’attrazione per gli elettroni dei legami adiacenti, polarizzandoli in senso contrario a quanto visto per gli atomi carichi negativamente;

b) da atomi molto piccoli ed elettronegativi, come F, O, N, altri alogeni o combinazioni di questi;

c) gruppi insaturi (alchenili, alchinili, anelli aromatici)

Per spiegare il caso c) occorre sapere che l’elettronegatività di un atomo dipende dalla sua geometria: il carbonio trigonale planare, con un legame pi-greco (nel legame doppio), è più elettronegativo del carbonio tetraedrico o “normale” (El. = 2,5). Il carbonio lineare, coinvolto in due legami pi-greco situati in due legami doppi o in un legame triplo, è ancora più elettronegativo (El. = 2,8-2,9). Per comprendere come sia possibile che la disposizione delle coppie intorno al carbonio ne influenzi l’elettronegatività, occorre il concetto di ibridazione, per cui il discorso rimane sospeso.

Rimane il fatto che il carbonio insaturo, essendo più elettronegativo del normale, esercita un debole effetto induttivo elettronattrattore per le stesse ragioni del gruppo b).

14.1.4 Effetto della distanza sull’effetto induttivo

L’effetto induttivo si trasmette a distanza, ma indebolendosi lungo il cammino. Per visualizzare bene la situazione immaginiamo che ad un’ancoretta magnetica attacchiamo uno spillo per la punta, questo diventerà a sua volta un “magnetino indotto” (comprendiamo così il senso dell’attributo “induttivo” dell’effetto induttivo, identico a quello che si ha nelle forze di dispersione, in cui i dipoli elettrici istantanei inducono la polarizzazione in molecole vicine altrimenti apolari), e sarà capace di attrarre un secondo spillo, che indurrà lo stato di polarizzazione magnetica a un terzo spillo, e così via. Potremo formare una catena di una certa lunghezza di spilli concatenati, ma la forza “magnetica” del primo e unico magnete permanente diminuirà allontanandosi da esso lungo la catena di spilli. Gli utlimi spilli saranno pochissimo polarizzati. Questo è quanto si verifica anche con gli effetti induttivi.

Vediamo le conseguenze pratiche degli effetti induttivi sulla diversa acidità del gruppo carbossile. L’acido propanoico è innanzitutto meno acido dell’acido formico (H-COOH, Ka = 18·10-5) e poco meno dell’acido acetico (CH3-COOH, Ka = 1,8·10-5) perché l’etile ha un effetto induttivo elettrondonatore maggiore dell’idrogeno (nell’acido formico) e del metile (nell’acido acetico). L’effetto della donazione elettronica è che si riduce la polarizzazione “naturale” del legame O-H, responsabile dell’acidità di tutti gli acidi ossigenati. Introducendo un atomo di cloro, anche relativamente distante, nell’acido 3-cloroacetico, avremo una “ripresa” dell’acidità, sebbene questa non arrivi ancora al livello dell’acido formico, perché il “risucchio” elettronico del cloro aumenterà la polarità del legame O-H. Avvicinando il cloro sul carbonio 2 l’effetto si disperderà di meno lungo la catena delle induzioni successive, e avremo un’acidità addirittura quasi dieci volte maggiore di quella dell’acido formico.

Leggere nel paper-book in fondo a pagina 47 per avere un ulteriore riscontro del legame tra teoria e dati sperimentali.

14.2 CONIUGAZIONE ED EFFETTO DI RISONANZA O MESOMERICO

Anche in questo caso iniziamo con un caso concreto: il carbocatione allile

Dovremmo classificare questo carbocatione come primario, con un carbonio in più rispetto all’etile, e quindi con stabilità intermedia tra l’etile e l’isopropile. In realtà questo carbocatione è molto più stabile di quello terziario:

Vedremo che nel carbocatione allile è possibile un tipo di dispersione della carica positiva molto più naturale e simmetrica che non nell’iperconiugazione. Per farlo dobbiamo “ripescare” il modello di doppio legame basato su un legame pi-greco, più debole, e un legame sigma, più forte (vedi it-book3, lezione 18-gennaio). La diversità di forza dei legami e σ si spiega perché nello pi-greco si ha la sovrapposizione laterale, fuori dalla linea di congiunzione, quindi dotata di schermatura meno efficiente dei residui positivi degli atomi di carbonio legati.

Nel legame sigma, invece, si ha la sovrapposizione frontale, più efficace:

Prima di formare il legame pi-greco, avremo una situazione di questo genere:

Se consideriamo che gli elettroni si possono muovere all’interno della nuvola formata dagli orbitali 2pz paralleli, posta metà sopra e metà sotto il piano dello scheletro sigma, potremo passare alle situazioni seguenti

Nella specie a destra non c’è possibilità di sorapposizione laterale e di formazione di un legame pi-greco, perché i due elettroni spaiati sono a distanza maggiore di quella di legame. Ma le prime due disposizioni sono identiche e ugualmente capaci di rispecchiare la struttura del catione allile, che risulterà da una sovrapposizione delle due:

La struttura mostra che la nuvola pi-greco, formata da due elettroni, avvolge da sopra e da sotto i tre atomi di carbonio, legandoli in modo identico l’uno all’altro, mentre la carica positiva, delocalizzata, risulterà mediamente disposta al centro (metà sul carbonio 1, metà sul carbonio 3). Ogni legame carbonio-carbonio sarà intermedio tra uno singolo e uno doppio.

Col metodo delle frecce curve possiamo descrivere il passaggio da una forma all’altra come se esso avvenisse nel tempo, con una notazione più essenziale, semplice ed efficace:

In realtà, mentre i singoli elettroni si muovono a velocità elevatissime intorno agli atomi contingui, la “nuvola elettronica” dei legami non salta né oscilla spostandosi a destra e sinistra nel tempo. L’allile è dunque un sistema coniugato. Le due strutture entro le parentesi quadre, separate da una freccia a due punte, rappresentano le forme limite di risonanza.

Nessuna delle possibili forme limite corrisponde alla struttura vera, ma descrive solo alcuni aspetti di questa.

La struttura vera della specie coniugata si ottiene immaginando di sovrapporre tutte le forme limite necessarie a descriverla.

Un sistema coniugato deve essere costituito da almeno tre orbitali pz paralleli consecutivi, e viene chiamato anche sistema risonante, (si dice che, ad esempio, nell’allile c’è risonanza”) ciò non deve indurre a pensare che ci sia un fenomeno fisico di oscillazione in atto. Il termine risonanza, per descrivere la delocalizzazione elettronica nei sistemi coniugati, si origina dal fatto che nel trattamento matematico necessario per il calcolo delle energie degli orbitali molecolari si incontrano equazioni simili a quelle del fenomeno della risonanza in acustica (il trasferimento della vibrazione tra due corpi vicini, come un diapason e una corda, è massimo quando le frequenze dei due oscillatori sono esattamente identiche).

Complessivamente, l’effetto di risonanza del doppio legame del catione allile influisce sulla carica positiva nel senso di donare a qeusta elettroni. Quindi si tratta di un forte effetto elettrondonatore. Poiché la risonanza è chiamata anche mesomeria, questo effetto si indica con +M. L’effetto di risonanza è maggiore quando aumenta il numero di doppi legami coniugati (cioè alternati a a legami singoli).

In conclusione possiamo dire che la extra-stabilità del catione allile nel complesso è dovuta alla delocalizzazione della carica positiva all’interno del sistema coniugato.

In alternativa possiamo prendere in esame una sola struttura limite di risonanza e dire che il doppio legame coniugato con il carbonio positivo esercita un forte effetto elettrondonatore per risonanza sullo stesso carbonio positivo.

Viceversa possiamo dire che il carbonio positivo esercita un effetto elettronattrattore sul sistema pi-greco del doppio legame, rendendo meno disponibili i suoi elettroni pi-greco.

Quest’ultimo punto di vista, cioè l’effetto di risonanza di vari gruppi coniugati col doppio legame carbonio carbonio di un alchene, è illustrato a pag. 73, 74, 75 e 76.

A pag. 75, in tabella 4.2, sono distinti gruppi attivanti, cioè capaci di donare elettroni al doppio legame, in alcuni casi per effetto di risonanza, in altri per effetto induttivo, e gruppi disattivanti, che sottraggono cioè elettroni dalla nube pi-greco del doppio legame, rendendolo meno nucleofilo e meno reattivo.

14.3 IBRIDAZIONE

14.3.1 Storia dell’etene

Un carbonio (C1) si trova attorniato da due idrogeni e da un altro atomo di carbonio, come lui, C2, avvicinato da due idrogeni. I sei decidono di unirsi, ma sono i grandi, C1 e C2 a ragionare sul da farsi.

Il carbonio C1 prende l’iniziativa e comunica al carbonio C2 di seguire tutte le sue decisioni.

Gli atomi di idrogeno sono timidamente in attesa che i grandi decidano.

Innanzitutto il nostro C1 si rende conto che deve legarsi con tre atomi, ma ha solo due elettroni spaiati: uno sull’orbitale 2px e uno sul 2py. Gli altri due sono fortemente legati al nocciolo +4 roteando nell’orbitale 2s molto compatto, e non utilizzabili perché già accoppiati.

Mentre si trastulla con l’orbitale vuoto 2pz C1 ha un colpo di genio: costringe un elettrone del 2s a separarsi dal compagno dicendogli, per convincerlo, che lo promuoverà a un livello energetico maggiore: quello del 2pz. Vedendo che ora possiede abbastanza elettroni spaiati, C1 capisce che la cosa che ha fatto è buona, e dice anche all’altro atomo C2 di fare un prestito alla banca dell’energia per promuovere un suo elettrone 2s a 2pz.

C1 ora punta in alto: dato che ha liberato 4 elettroni spaiati, cerca il modo di formare 4 legami e di soddisfare la sua massima ambizione: avere otto elettroni nella sua sfera di valenza. Ecco perché guarda con cupidigia agli elettroni spaiati degli atomi vicini. Sa che dovrà accontentarsi di un legame e un elettrone per ogni idrogeno, mentre dal suo pari C2 potrà avere gli altri due elettroni: dovrà formare un legame doppio!

C1 e C2 si accordano ora sul modo per fare il legame doppio. Se mettono in sovrapposizione un orbitale qualunque a testa, lungo la direzione x (la linea che li unisce), non potranno usare la stessa linea di congiunzione per farvi sovrapporre altri orbitali. Il secondo legame tra di essi dovrà essere formato da due orbitali 2p paralleli tra loro e perpendicolari alla linea di congiunzione. Questi si sovrapporrebbero lateralmente: sopra e sotto o avanti e dietro alla linea di congiunzione. Scelgono gli orbitali 2pz poiché gli elettroni in essi si lamentano in continuazione per l’abbandono del compagno e perché si sentono insicuri e meno legati al nucleo. Inoltre gli sfrattati in 2pz pensavano di fare amicizia con gli elettroni dei “piani alti”: il 2px e il 2py, invece questi li snobbano sfacciatamente, sostenendo di essere ortogonali e assolutamente non desiderosi di interagire.

Prima di esaurire del tutto la pazienza e la concentrazione, i due carboni si avvicinano abbastanza da far interagire i due petulanti elettroni 2pz, i quali si sovrappongono sopra e sotto, formando il primo legame e si mettono in santa pace a godersi l’attrazione dei due carboni.

I sei elettroni 2s, 2px e 2py di C1 e C2 hanno visto tutto e se la ridono: “grazie alle loro lamentele sono stati messi a formare il legame più debole di tutti... prima o poi si romperà e saranno sballottati chissà dove!” Quindi aspettano pazientemente che C1 e C2 studino la disposizione per essi più vantaggiosa per formare le tre coppie di legame e decretare la fine della loro vita da single.

Nel Volume Secondo delle Elettroniche Pubbliche Relazioni trovano la soluzione: le tre coppie dovranno disporsi a 120 gradi l’una dall’altra per mantenersi il più distanti possibili e garantirsi un livello di privacy adeguata al loro rango.

Il problema ora è che le attuali dimore di 2px e 2py sono ad angoli di 90 ° l’una dall’altra, mentre gli elettroni 2s abitano in uno spazio sferico e non hanno nessuna direzione privilegiata. Impossibile arrivare a una disposizione a 120° con questi presupposti.

Si riunisce il consiglio degli elettroni single (i quattro elettroni degli atomi di idrogeno dormono orbitando beati nei loro orbitali 1s). C1 comunica che gli orbitali s e p non sono adeguati alla nuova struttura. Promette che in un nanosecondo miscelerà le funzioni d’onda  dei tre orbitali e li trasformerà in tre orbitali identici, orientati a 120° l’uno dall’altro. L’elettrone 2s non fa in tempo a protestare che si ritrova in una funzione d’onda ad energia leggermente maggiore e mediamente più distante dal nucleo, chiamata sp2+x, rivolto verso C2. Gli elettroni ex-2p si rimaterializzano in due orbitali simili, gli sp2-x-y e sp2-x+y.

Gli elettroni single di C2 si sistemano analogamente nei nuovi orbitali: l’ex abitante di 2s si ritrova suo malgrado nel sp2-x, rivolto verso sp2+x, gli sfrattati dai 2p si trovano a guardare verso destra nei nuovi orbitali sp2+x-y e sp2+x+y.

I primi a realizzare che possono formare un orbitale di legame sono  sp2+x di C1 e sp2-x di C2, sovrapponendosi uno sull’altro, testa a testa. In ricordo delle loro origini chiamano sigma (la esse greca) il nuovo orbitale di legame, dove si trovano benissimo, al centro della molecola.

Gli elettroni ancora single,  sp2-x-y e sp2-x+y di C1 e sp2+x-y e sp2+x+y. si devono dare da fare per posizionare gli atomi d’idrogeno nelle posizioni corrette a 120°. Molto presto risvegliano gli elettroni degli idrogeni convincendoli a farsi un giretto intorno al carbonio, e ad entrare in orbitali di legame dove la loro vita risulterà decisamente meno monotona.

C1 e C2 sono ora pienamente soddisfatti. Riscuotono l’energia da tutti i legami formati, usando solo una minima parte per pagare il debito alla banca, e chiamano “Etene” la solida associazione dei sei atomi.

Video: Ibridi sp2 nel boro

MODULO DEL 7 Marzo - 14 Marzo LEGGETE QUI SOTTO PRIMA DI RISPONDERE ALLA 5

Nel problema n.5 della prima parte Aureli ha risposto 2,5-dimetilcicloesino. Anche se il cicloesino potesse esistere non potrebbe avere un metile in due, cioè su uno dei due carboni del triplo legame:

La condizione di linearità dei 4 atomi di carbonio coinvolti nel triplo legame, C-C≡C-C, fa sì che il triplo legame non sia “richiudibile” in un anello più piccolo di 8 atomi: http://www.britannica.com/EBchecked/topic/148084/cyclooctyne

 .

 La tensione d’anello posseduta anche dal cicloottino si riconosce meglio con la struttura 3D:

Come si vede, il triplo legame non è perfettamente lineare e i due carboni ad esso attaccato formano angoli di circa 90° (anziché 109,5°). Il legame singolo opposto al legame triplo è inoltre leggermente più lungo del normale. Tutti questi fattori destabilizzano la molecola.

Lezione del 12 Marzo 2011 Problemi e Modelli emergenti

Un po’ di ripasso. Non possiamo risolvere un problema sul “composto C8H12 che per idroborazione ossidativa fornisce come unico prodotto un chetone” se non sappiamo cosa significa “idroborazione ossidativa” o “chetone”. Quindi facciamo un po’ di “riscaldamento” con un problema: Qual è l’unico composto che per idratazione diretta (addizione di acqua catalizzata da acidi) fornisce un’aldeide?

Come sappiamo, il risultato dell’addizione di acqua, sia essa diretta, sia essa tramite idroborazione ossidativa, è un alcool se si parte da un alchene, o un composto carbonilico (aldeide o chetone) se si parte da un alchino. Se l’alchino è terminale la regola di Markovnikov farà sì che l’ossigeno si inserisca comunque sul secondo carbonio nell’idratazione diretta. Pertanto, si formerà sempre un chetone... sempre, con un’eccezione: quando anche il “secondo” carbonio, come intuito da Riccardo, sia terminale, caso in cui non ci sarebbe scelta.

L’unico alchino in cui ambedue i carboni sono terminali è l’acetilene o etino. In dettaglio:

Ora possiamo ragionare sul problema del modulo: disegnare un composto C8H12 che per idroborazione ossidativa fornisce come unico prodotto un chetone

deduzioni logiche:

1. deve essere un alchino perché altrimenti non si formerebbe un chetone ma un alcool (da un alchene)

2. deve essere un alchino non terminale (sennò verrebbe un'aldeide)

3. deve contenere anche un ciclo altrimenti, solo con il triplo legame, si avrebbe C8H14 . Con un doppio legame invece del ciclo darebbe un cheto-alcool (la reazione avverrebbe contemporaneamente sia sul doppio che sul triplo legame).

4. deve essere simmetrico: non essendo un alchino terminale, i due carboni del triplo legame sono ugualmente sostituiti, perciò non avremo regioselettività . In tali condizioni l’unico modo per avere un unico prodotto è che il triplo legame si trovi in posizione simmetrica, al centro della molecola. Se infatti non fosse simmetrico si avrebbero due diversi chetoni, con l’ossigeno legato a ciascun diverso carbonio.

5. Un triplo legame simmetrico deve avere due sostituenti identici. Se il ciclo è uno dei due sostituenti, essendo unico non può essere anche nell’altro sostituente; quindi se il triplo legame è fuori dall’anello non può essere simmetrico. Si conclude che il triplo legame deve far parte dell’anello.

6. Poiché i 4 carboni del triplo legame devono essere allineati, il ciclo non riesce a chiudersi stabilmente con sei o sette carboni perché gli angoli di legame dovrebbero essere eccessivamente distorti rispetto alla normalità, quindi gli stessi legami sarebbero troppo deboli. Avremm cioè una tensione d’anello eccessiva. Il ciclo più piccolo comprendente un legame triplo è il cicloottino, dunque questa è la soluzione al problema.

Possibili soluzioni errate:

Modelli emergenti

Nell’affrontare i due problemi di oggi sono diventati chiari alcuni concetti (segnati in giallo), alcuni vincoli e criteri riguardanti le diverse reazioni di addizione di acqua, diretta (cioè catalizzata da acidi) e “indiretta”, (tramite: 1. idroborazione, 2. ossidazione), gli esiti possibili di queste reazioni: formazione di enoli che poi si trasformano in composti carbonilici, cioè chetoni o aldeidi a seconda dei casi.

Mentre lavoravamo ai casi abbiamo fissato alcuni di questi concetti e prese di coscienza del “significato delle cose” sotto forma di una specie di mappa che chiameremo modello delle conoscenze emergenti o, per brevità, modello emergente.

La cartella da cui è possibile ammirare tali modelli di conoscenza è accessibile da internet:

http://cmapspublic2.ihmc.us/ITIS_DIVINI/a.s.2010_2011/3CH/MODELLI_EMERGENTI

Per modificarne il contenuto, da scuola o da casa, occorre invece usare CmapTools.

Un esempio di modello emergente ben fatto è quello di Federica:

(clicca sull’immagine della mappa e sul link sottostante per vedere la versione più aggiornata)

(Link to one of the emerging models by Federica)

Esso contiene errori ben riconoscibili dagli altri, e in questo consiste la sua forza. Gli errori sono nei testi che ho bordato in rosso (concezione errata) o in viola (concezione limitata).

I modelli emergenti:

1. sono personali e non copiati, se non nello scheletro base;

2. contengono solo ciò che si è compreso e si vuole ricordare, espandere e modificare, con significati espressi a parole, sotto forma di testi agganciati alla struttura principale, come in questo caso. Questo è un punto importante: nel modello non si deve aggiungere nulla “in attesa di essere compreso”, così come a volte si prendono gli appunti rimandando a un momento successivo il compito di capirli e organizzarli.

3. le spiegazioni e le descrizioni sono “trasparenti”, all’interno di caselle riconoscibili (gialle in questo caso), per permettere la facile visualizzazione e revisione successive, sia da parte dello stesso alunno che si ravvede, di altri compagni, sia del prof.

4. In aggiunta si possono introdurre immagini di formule, link a siti web, a file audio e video, documenti di qualunque tipo, meglio se costruiti dallo stesso studente. Ma in tutti questi casi la risorsa aggiunta o linkata deve essere stata ben studiata, compresa, e accompagnata da un commento esplicativo visibile nella struttura.

5. ogni modello deve contenere un contesto limitato, non si deve espandere all’infinito. In questo caso il contesto nasceva da un problema, che richiedeva di chiarire “quando si formano aldeidi e chetoni a partire da idrocarburi insaturi alifatici”. Quando si deve cambiare il contesto è meglio iniziare un nuovo modello emergente, eventualmente agganciandolo al vecchio o ad un altro.

6. Tutto il contenuto e la struttura del modello emergente devono essere ben chiare nella testa dello studente e poter essere “raccontate” in una verifica orale, nello spiegare qualcosa ad un altro compagno, parente o amico che non sa la chimica, o “tirate fuori” dal cervello nel momento che servono per risolvere un nuovo problema. In altre parole, la vera mappa deve stare nella testa; quella fatta con CmapTools o con le penne colorate è solo una copia.

7. Quando il modello è stato verificato è bene farsene una stampata e incollarla nel quadernone. La copia del modello emergente consolidato sarà più facilmente accessibile e utilissima anche se in futuro potrà essere necessario apportarvi delle modifiche.

Come e quando si aggiornano i modelli emergenti. Fase 1: individuale

Utilizzeremo più spesso, per farlo, i computer della scuola. Però chi potrà dovrà utilizzare anche CmapTools da casa (cliccando sul link si scarica direttamente l’installabile per windows 32 bit).

A scuola le idee da aggiungere al modello possono essere “catturate” individualmente da ciascuno studente in qualunque momento: da una spiegazione, mentre si capisce una cosa che si sta facendo in laboratorio, durante un’interrogazione di un altro studente o perfino dello stesso studente interrogato. In tutti i casi basterà chiedere il tempo per scrivere e catturare l’idea sul quaderno. In un momento successivo (a casa o da scuola) l’idea potrà essere inserita in uno dei modelli emergenti “attivi”, se necessario modificandone la struttura portante (cosa difficile da fare con mappe cartacee).

Fare uno sportello didattico concretamente significa rivedere insieme al professore i modelli emergenti.

Fare un corso di recupero significa concretamente ricostruire insieme interi modelli di conoscenza.

Entrambe le cose possono essere effettuate anche online con il professore e/o con altri compagni. Basta chiederlo e accordarsi sull’orario.

Non avere modelli validi di riferimento, presentando al tempo stesso difficoltà nel seguire le lezioni o nel comprendere i materiali o i più semplici problemi, non richiedendo alcun tipo di aiuto non può essere giustificato e comodamente liquidato come un “purtroppo non ho capito nulla...”. Questa è una fuga dalle proprie responsabilità di studente; significa voler essere un “non-studiante”, un “assente” o un “chattante”, e rafforzare le ragioni della professoressa Mastrocola, una delle cose più odiose possibili per chi si accanisce a fare tutto il possibile per migliorare il proprio insegnamento e l’apprendimento per tutti, compresi quelli che la stessa professoressa vorrebbe “liberare” dal “carcere” della scuola.

A casa i modelli possono essere modificati e le idee ben comprese possono essere sempre aggiunte: mentre si studia, mentre si risponde ai quesiti dei moduli o mentre si comprendono le correzioni dei moduli corretti.

DALLA RISONANZA ALL’AROMATICITÀ

Dopo l’allile, vediamo un altro importante sistema coniugato: il benzene.